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Franco Santomaso, recensione a

Gianluca Marinelli, L’Italsider a Taranto. Gli artisti e la grande industria, 1960-1974, in “Kronos supplemento”, n. 4, rivista del Dipartimento dei Beni delle Arti e della Storia dell’Università del Salento, Congedo, Galatina, 2008, pp. 179-222.

 

Il 9 luglio 1960, con un investimento di 377 miliardi di lire, viene posta la prima pietra di quella che presto sarebbe stata definita, non senza una certa enfasi, “la Rolls Royce di tutte le acciaierie del mondo”, nell’area a Nord del Porto Mercantile di Taranto, fra la via Appia e la strada provinciale per Statte. Con l’Italsider, il IV centro siderurgico a ciclo integrale ad essere costruito nel nostro Paese, uno dei più grandi al mondo, ha inizio per Taranto e per il Mezzogiorno un nuova fase storica, caratterizzata dall’ entusiasmo per il ciclo di modernizzazione, il boom occupazionale e dei consumi, ma anche dalla rapida distruzione di realtà particolaristiche locali (culturali e paesaggistiche), il sorgere di nuove forme di inquinamento e di alienazione.
Tali contraddizioni dello Sviluppo si deducono, in particolare, dall’analisi delle vicende artistiche a Taranto tra gli anni Sessanta e Settanta. È quello che ha cercato di dimostrare Gianluca Marinelli, pubblicando sulla rivista “Kronos supplemento” dell’Università del Salento, il saggio dal titolo L’Italsider a Taranto. Gli artisti e la grande industria, 1960-1974, frutto di rigorose e appassionate ricerche.
Lo studio parte da una riflessione sulla politica culturale portata avanti dall’Italsider negli anni cruciali della crescita economica del nostro Paese. Essendo un’azienda a partecipazione statale, nella quale l’aspetto economico non poteva essere disgiunto dalla responsabilità sociale, l’Italsider si distinse soprattutto per la capacità di trasformare le esigenze di comunicazione aziendale in vere e proprie operazioni culturali, puntando sui registri alti della letteratura, del cinema, del teatro e dell’arte. Valgano alcuni esempi: l’esperienza della “Rivista Italsider”, tra i più originali house organ internazionali, dove comparivano sulle prime di copertina le opere dei maggiori artisti del tempo; il patrocinio dell’Italsider ad importanti manifestazioni culturali, come la quinta edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto (1962), in occasione della quale dieci artisti di fama mondiale (Calder, Carmi, Franchina, Consagra, Chadwick, Colla, Pepper, Lorenzetti, Pomodoro, Smith) furono ospitati negli stabilimenti Italsider sparsi in tutta Italia, per creare opere maestose in acciaio; il coinvolgimento di Eugenio Carmi, tra i maggiori artisti astratti italiani del Novecento, in qualità di consulente grafico dell’azienda. Chiamato a creare un volto per la grande impresa siderurgica, Carmi svolse questo compito in maniera originale, raggiungendo un grado di capillarità davvero sorprendente. Tra le operazioni più interessanti, spicca la lavorazione alla segnaletica antinfortunistica, per la quale l’artista genovese creò immagini affidate a geometrie essenziali, e la scultura in ferro progettata per l’Italsider di Taranto, nel 1965, ossia l’anno in cui entrò in funzione il ciclo integrale dell’acciaio nello stabilimento siderurgico jonico.
Ampio spazio è poi dedicato, nello studio di Marinelli, al Circolo Italsider di Taranto. Il circolo nasce come spazio polivalente aperto alla creatività, alla fantasia e al dialogo, per valorizzare il tempo libero del lavoratore. In particolare, il Circolo Italsider di Taranto, attivato nel febbraio 1963, attraverso la sua programmazione artistica, ha inseguito la duplice finalità di avvicinare ai fatti dell’arte la forza lavoro costituitasi con la recente industrializzazione, proponendo rassegne di ampio respiro, e di valorizzare le più avanzate esperienze artistiche espresse dal territorio.
Le mostre antologiche di William Hogart ed Eduard Steichen, le edizioni di opere grafiche di noti artisti per i lavoratori del Siderurgico a prezzi ridotti; la pubblicazione, a cura del Circolo, dei libri di poesie tecnologiche di Michele Perfetti, con le quali l’intellettuale denunciava l’acritico consumismo che cominciava a diffondersi anche a Taranto, e il coinvolgimento nelle principali attività culturali di artisti e intellettuali del calibro di Eugenio Battisti, Franco Sossi, Vittorio Del Piano, Luigi Flauret, Ciro De Vincentis, Pietro Guida, Emanuele De Giorgio, Eugenio Miccini, lo stesso Perfetti, a voler fare solo alcuni nomi, danno la misura dello spessore qualitativo di tali iniziative.
Tra queste, spicca, per la sua originalità, la rassegna dal titolo Uno spazio per l’arte, allestita dal dicembre 1974 al gennaio 1975 e curata da Sossi negli spazi della nuova sede del Circolo: la Masseria Vaccarella, nei pressi del quartiere Paolo VI. In quella occasione trovarono visibilità le sculture realizzate da alcuni artisti tarantini (Franco Antonazzo, Bruno Costone, Giuseppe Delle Foglie, Vittorio Del Piano, Pietro Guida, Antonio Noia, Michele Perrini, Aldo Pupino) nello stabilimento siderurgico jonico, in un rapporto di prossimità con gli operai.
La seconda parte dello studio è dedicata all’accertamento delle forze in campo sul piano della cultura e delle arti a Taranto. Entrato oramai a pieno regime il ciclo integrale dell’acciaio, dalla metà degli anni sessanta si cominciò ad assistette nel capoluogo, e nella provincia, ad una germinazione di eventi che videro responsabilmente protagonisti artisti ed intellettuali locali nel tentativo di stimolare la coscienza critica della comunità jonica sulle grandi trasformazioni del territorio. Tra le principali iniziative di quegli anni, spiccano, sicuramente, la Biennale dell’Incisione, curata, in tutte le sei edizioni, da Emanuele De Giorgio, pittore e incisore, nonché tra i più attivi operatori culturali attivi in Puglia nella seconda metà del Novecento; il ciclo di conferenze dal titolo Componenti essenziali della vita intellettuale italiana (1967) a cura del Circolo di Cultura (la supervisione generale era di Antonio Rizzo), che chiamò a Taranto i più significativi esponenti della cultura italiana del tempo; la rassegna Una verifica operativa, organizzata nella Galleria “A. R. Cassano” (già “Taras”) nella primavera del 1967, con la quale furono recensite le proposte sperimentali di giovani attivi nel capoluogo e impegnati nella divulgazione degli approdi più recenti del dibattito artistico (Francesco Boniello, Giuseppe Delle Foglie, Vittorio Del Piano, Giuseppe Manigrasso, Aldo Pupino). Curata da Franco Sossi, la mostra si costituì come momento fondamentale della riflessione critica dell’intellettuale tarantino, in quegli anni protagonista indiscusso nel sollecitare l’aggiornamento linguistico degli artisti pugliesi e che aveva già pubblicato per quella data saggi oggi ritenuti imprescindibili per poter avviare qualsiasi ricostruzione sulle vicende delle arti a Taranto dal secondo dopoguerra agli anni ’60, come Artisti pugliesi contemporanei del 1959 e Arte contemporanea in Puglia del 1963 (a questi vanno almeno aggiunti Luce, spazio, strutture del 1967 e La scelta del presente del 1970).
E poi c’è Massafra, che in virtù della tradizione del suo premio (Premio Massafra “Lucerna d’argento”), è teatro, soprattutto nella seconda metà degli anni Sessanta, di importanti progetti espositivi che le consentono di apparire come un “centro operativo di cultura avanzata”: luogo di incontro e discussione per artisti, critici, operatori culturali locali e non, impegnati nella divulgazione di esperienze “aggiornate”, nella convinzione che le rilevanti trasformazioni socio-economiche generate a partire dall’insediamento dell’Italsider nel territorio jonico, vadano accompagnate, appunto, da una speculare crescita del tessuto artistico e culturale.
Massafra è anche l’osservatorio privilegiato in cui si srotola la vicenda artistica di Nicola Andreace, insieme a Emanuele de Giorgio certamente il pittore più corrosivo nel denunciare i rivolgimenti traumatici di suddette trasformazioni. La fase sperimentale di Andreace vive il suo snodo fondamentale alla fine del decennio, quando, ricorrendo alla sovrapposizione di sagome ottenute con la tecnica degli stampi a spruzzo e l’uso di emulsioni, realizza opere in cui la presenza umana, immersa oramai in un universo di tralicci, tubi d’acciaio, atmosfere laviche, gru uncinate, si mostra impossibilitata a sgusciare dalla propria condizione di prigionia.
All’inizio degli anni Settanta cominciano ad essere indagati il tema delle morti bianche del Siderurgico, che troverà nell’espressionismo figurativo di De Giorgio la condanna più radicale, e il tema dell’inquinamento.
Quest’ultimo fu affrontato, in particolare, in una manifestazione artistica dal titolo Taranto per una industrializzazione umana, realizzata una domenica mattina del febbraio 1971. In quell’occasione scesero nelle principali piazze di Taranto alcuni tra i più rappresentativi operatori estetici pugliesi (come Sandro Greco, Corrado Lorenzo e Vittorio Del Piano), dando luogo, con successo, a performance dall’alto contenuto artistico.


Franco Santomaso